È uscito in questi giorni, in coincidenza con il quarantesimo anniversario dell’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982, “Una ferita italiana?” di Massimiliano Boni e Roberto Coen, edito da Salomone Belforte & C.
Diciamo subito che il volume ha un grande merito, anzi due. Il primo è quello di rappresentare per la prima volta una ricostruzione dell’accaduto che percorre strade poco battute dalla versione ufficiale, partendo dalle recenti rivelazioni pubblicate dal Riformista della storica Giordana Terracina, frutto della sua scoperta e del suo studio di carte finora rimaste segrete, nonostante la desecretazione della direttiva Renzi risalga al 2015. “Le domande non finiscono mai – scrive Riccardo Calimani nella prefazione – La dolorosa vicenda ricordata in queste pagine, con delicata attenzione e con necessaria pietas, inevitabilmente continua a suscitare in noi interrrogativi, a cui, forse, non sarà mai data una risposta definitiva”.
Risposte gli autori provano a suggerirle, o quanto meno a mettere in dubbio quelle troppo sbrigative fornite finora. Perché, “le domande non finiscono mai”, dice giustamente Alberto Cavaglion nella postfazione.
Dopo un’attenta presentazione storica, non solo della cronaca di quanto accaduto ma anche della presenza ebraica in Italia e dell’incandescente clima politico di quel periodo, raccontata e commentata da autorevoli storici e protagonisti dell’epoca, “Una ferita italiana?” ricostuisce le fasi del processo e i fatti alla luce delle nuove prospettive, “un intrigo di patti riservati e segreti di Stato”, come spiega lo storico Miguel Gotor.
Il secondo, ma non meno importante, merito è quello di aver dato finalmente voce ad alcuni dei quaranta feriti, che in silenzio e con dignità hanno vissuto questi decenni in quasi totale solitudine, non sempre volontaria. Per chi ha vissuto da vicino l’evento e questi lunghissimi anni e ha visto nascere queste pagine preziose, “Una ferita italiana?” non è solo un doveroso risarcimento morale, ma si inquadra proprio in quella necessaria pietas a cui accennava Calimani.
Per tutti gli altri, ci auguriamo molti, il libro è un tassello fondamentale da leggere e meditare, per comprendere meglio vicende oscure del nostro Paese, perché la conoscenza e l’attenzione possano evitare che simili fatti accadano di nuovo.
Foto della targa commemorativa Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication
É la verità , viene data voce finalmente ai feriti che venivano imbavagliati per 40 anni .Feriti pur gravi ma volutamente dimenticati per un gioco di interessi e di ritorni politici . Feriti che hanno dovuto subire oltre alle ferite dell’attentato anche un’ulteriore ferita quella della vittimizzazione secondaria.